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mercoledì 30 marzo 2011

La maggioranza perde pezzi...

Animata seduta del consiglio comunale di Sciacca. Michele Patti passa all’opposizione ma non va con Forza del Sud, anzi si dichiara indipendente. Paolo Mandracchia intanto attacca l’assessore Fazio del suo stesso partito, difeso invece da Simone Di Paola. Approvato un documento pro Lampedusa


Critiche, polemiche e scricchiolii tanto nella maggioranza quanto nell’opposizione. Questo, in breve, il sunto dell’ultima seduta del consiglio comunale di Sciacca, seduta che era stata anteceduta, il giorno prima, da importanti riunioni politiche dei vari gruppi per decidere quali posizioni assumere in merito alle questioni urgenti delle varianti urbanistiche e del mercato del contadino.
Su questo punto dura è stata la polemica interna al partito democratico. Il consigliere Paolo Mandracchia, cha ambiva al ruolo di assessore prima del veto del segretario Coco, ha attaccato colui che ha preso il suo posto: Vincenzo Fazio.
“Sul mercato del contadino – ha detto – non sono state mai ascoltate le mie proposte, non capisco i ritardi nell’avviarlo, posso contare sull’appoggio di tutte le associazioni di categoria e non comprendo perché non venga più convocato il tavolo tecnico dell’agricoltura”. Diversi dunque i punti toccati da Mandracchia. In difesa di Fazio, già nell’occhio del ciclone per gli interminabili lavori della Chiazza, è corso il capogruppo del Pd Simone Di Paola che ha parlato di “attacchi ingenerosi” mentre lo stesso Fazio li ha definiti “attacchi gratuiti. Non sono stati indicati siti alternativi a quelli dello stadio per allocare questo mercato e la posizione dei box è stata indicata dalle stesse forze dell’ordine” ha replicato. Insomma la posizione ufficiale del Pd è quella espressa da Di Paola che come sempre cerca di difendere e salvare il salvabile ma le spine interne non mancano. Spine considerevoli tra l’altro. Intanto il regolamento del mercato del contadino è stato approvato seppur con alcune modifiche volute dalle commissioni consiliari Affari generali e Attività produttive. Le organizzazioni agricole non sono molto convinte né del luogo scelto per fare questo mercato né del posizionamento dei 12 box. L’opposizione ha chiaramente approfittato del clima in aula ed ha attaccato pesantemente Fazio e tutta la Giunta Bono. Ignazio Bivona ha chiesto le dimissioni dell’assessore all’agricoltura, Calogero Bono ha sottolineato come ancora non si capisca quando questo mercato aprirà, mentre Caracappa, Emmi, Cognata, Settecasi e Fabrizio Di Paola hanno dato ragione a Mandracchia. Il regolamento è stato poi approvato da tutti ma con il caloroso invito dato a Fazio di convocare presto una conferenza di servizi per capire come far funzionare per il meglio il prossimo mercato.
A proposito di scricchiolii nella maggioranza, si è registrato l’intervento di Michele Patti che ha ufficialmente affermato di abbandonare il gruppo dei Leali per Sciacca senza però dare conferma del suo approdo a Forza del Sud. Questa la reale sorpresa, anzi si è dichiarato indipendente invitando anche i colleghi di gruppo Sandullo e Gulotta a passare all’opposizione. Invito per ora rispedito al mittente. “Il gruppo Leali per Sciacca va avanti ha detto Sandullo ma attendiamo ancora che Vito Bono ci dia un riconoscimento politico”.
Vito Bono ha accolto quasi con sollievo l’abbandono di Michele Patti, “era ora che se ne andasse all’opposizione. Del resto continua a mandare interrogazioni che stavano per compromettere per esempio il carnevale.” Fabrizio Di Paola, Calogero Bono, Gioacchino Settecasi, Silvio Caracappa e Nicola Assenzo hanno commentato in aula la decisione di Patti. Per gli esponenti dell’opposizione è il segnale di una maggioranza che vive alla giornata ed è poco coesa mentre Assenzo ha parlato di “singolo episodio”.
Intanto Vito Bono sempre durante il dibattito ha affermato che i lavori in via Licata riprenderanno subito ed andranno avanti anche perché è in arrivo il pagamento aspettato dalla ditta Alaimo che sta eseguendo questi lavori.
Approvato all’unanimità anche un documento di solidarietà verso Lampedusa e i lampedusani abbandonati dal governo in balia di se stessi a causa dell’ingente mole di disperati che giungono sulle coste siciliane. L’isola è al collasso e manca anche l’acqua. L’iniziativa era stata suggerita a tutti i sindaci qualche giorno fa da Michele Botta, sindaco del comune di Menfi. Tra i commenti, importante quello fatto da Gianluca Guardino capogruppo del Pdl che ha attaccato il governo nazionale per come sta gestendo il caos di Lampedusa dove si rischia davvero l’emergenza igienico sanitaria. Nel documento votato si fa cenno a riflessioni umanitarie e crisi di ordine economico soprattutto per le ricadute che tutto questo avrà sul turismo lampedusano e siciliano. Lo scalo di Trapani rimane ancora interdetto al traffico civile.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

martedì 29 marzo 2011

Processo Uragano: sentenza in arrivo?

Chieste le condanne per gli imputati dell’operazione “Uragano” accusati di aver pilotato alcuni appalti pubblici. Tra di loro due esponenti dell’Mpa Michele Ferrara e Lorenzo Maglienti. Tra pochi giorni la sentenza anche se agli imputati verrà applicato l’indulto


Presunta gestione illecita degli appalti pubblici. I reati contestati vanno dalla truffa ai danni dello Stato alla turbativa d’asta, dall’abuso di ufficio alla frode in pubbliche forniture. Queste le principali accuse per coloro che sono coinvolti nel Processo denominato “Uragano”, seguito ad una operazione della polizia. Si parla anche di presunte gare d’appalto truccate grazie ad una rete di complicità tra imprenditori, politici e impiegati comunali.
Il Pubblico Ministero Salvatore Vella, sostituto procuratore della Repubblica, ha chiesto la condanna a 2 anni e 6 mesi per Marco Maglienti, imprenditore edile ed il pagamento di un’ammenda di 32800 euro, 6 mesi e 2200 euro di sanzione per il figlio Lorenzo, consigliere comunale in carica nelle file dell’Mpa, 1 anno e 4 mesi più 31900 euro di multa per Maurizio Matalone, impiegato nella ditta gestita da Maglienti, 2 anni e 1200 euro di multa per Agostino Bono, geometra dello Istituto Autonomo Case Popolari, 1 anno e 900 euro di sanzione per l’imprenditore Rosario Fara, 6 mesi e 9000 mila euro di ammenda per l’imprenditore Salvatore Guirreri, 9 mesi e 9000 mila euro di sanzione per Calogero e Domenico Indelicato, 2 anni e 1200 euro di multa per Antonio Manetta di Ribera, 2 anni e 1 mese più 23200 euro di multa per Filippo e Santo Modicamore, 2 anni più 1200 euro di multa per Salvatore e Sebastiano Porretta, ex impiegato comunale, 2 anni e 1200 euro di multa per Gaspare Tortorici e Salvatore Vaiana.
Chiesta la prescrizione invece per altri quattro indagati. Tra di loro c’è l’attuale assessore allo spettacolo ed allo sport del comune di Sciacca Michele Ferrara (Mpa) che ai tempi ricopriva il ruolo di assessore ai lavori pubblici. Chiesta la prescrizione anche per Antonietta Guttaiano, Marco Vinti e Vito Perrone.
Secondo le indagini, condotte dai carabinieri e coordinate dalla Procura della Repubblica, si sarebbe messo in piedi un sistema che garantiva l’aggiudicazione certa ad un gruppo di imprese.
Un blitz che, come si ricorderà, è scattato il 25 settembre del 2006 ed è culminato con 33 indagati mentre le indagini riguarderebbero una serie di lavori pubblici appaltati dal comune di Sciacca nel 2003.
La sentenza sarà emessa mercoledì 30 marzo dopo che si concluderanno tutte le arringhe degli avvocati difensori ma poiché si tratta di fatti antecedenti al 2006 nei confronti di tutti gli imputati dovrebbe essere applicato l’indulto.

Calogero Parlapiano - tratto da "ControVoce"

sabato 26 marzo 2011

La Guerra in Libia... secondo Maurizio Crozza...


Ballarò 22 03 2011 La Libia, l'Italia, le ragioni di un conflitto
La Libia, l'Italia, la comunità internazionale. Le ragioni di un conflitto con chi, poche settimane fa, sembrava essere un grande amico dell'Italia è il tema della puntata di Ballarò.

Ad alimentare la discussione in studio, con Giovanni Floris, ospiti italiani e internazionali tra i quali il politologo francese Marc Lazar e la conduttrice di Al Jazeera Barbara Serra.
Tra gli altri ospiti, il presidente dell'IdV Antonio Di Pietro, il ministro dello sviluppo economico Paolo Romani, il presidente di Alleanza per l'Italia Francesco Rutelli, il vice-ministro alle infrastrutture Roberto Castelli della Lega Nord, l'analista strategico Alessandro Politi, il giornalista Antonio Polito.

venerdì 25 marzo 2011

L'Italia è fatta. Facciamo gli Italiani.

L’Italia compie 150 anni e si riapre il dibattito degli storici sull’importanza dell’Unità. Ancora da superare “la questione Meridionale” ed il dibattito determinato dalle scelte nordiste della Lega di Umberto Bossi. Tripudio di bandiere tricolori nei balconi italiani, diverse le manifestazioni a Sciacca


“Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue. Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861”.
Con queste parole, con questo atto ufficiale, nasce l’Italia. Dal 1861 al 2011 sono passati esattamente 150 anni. Pochi o tanti, a seconda dai punti di vista.
Quanto espresso nell’Articolo unico sono le parole che si possono leggere nel documento della legge n. 4671 del Regno di Sardegna e valgono come proclamazione ufficiale del Regno d'Italia, che fa seguito alla seduta del 14 marzo 1861 della Camera dei Deputati, nella quale è stato votato il progetto di legge approvato dal Senato il 26 febbraio 1861. La legge n. 4671 fu promulgata il 17 marzo 1861 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 18 marzo 1861.
Il significato che assume l’Unità d’Italia è ancora molteplice e spesso le opinioni sono particolarmente diverse anche tra gli stessi storici. Se percorriamo rapidamente l’escursus che ha portato all’unificazione dello Stato ci accorgiamo come l’identità politica è seguita a quella culturale ed emotiva: pur con le differenze, pur con le problematiche alcune delle quali ancora esistenti, pur con le dovute eccezioni, gli italiani si sono sentiti tali ben prima di esserlo veramente.
In circa due anni, dalla primavera del 1859 alla primavera del 1861, nacque, da un’Italia divisa in sette Stati, il nuovo regno: un percorso che parte dalla vittoria militare degli eserciti franco-piemontesi nel 1859 e dal contemporaneo progressivo sfaldarsi dei vari Stati italiani che avevano legato la loro sorte alla presenza dell'Austria nella penisola e si conclude con la proclamazione di Vittorio Emanuele II re d'Italia.
Tra il 1859 e il 1860 non ci fu un vero scontro tra l’elemento liberale e le vecchie classi dirigenti ma una rassegnata accettazione della nuova realtà da parte di queste ultime. Solo nel regno meridionale si manifestò una qualche resistenza, dopo la perdita della Sicilia e l'ingresso di Garibaldi a Napoli (7 settembre), con la battaglia del Volturno e la difesa di alcune fortezze. Il nuovo Stato non aveva tradizioni politiche univoche in quanto, insieme ad un centro nord con tradizioni comunali e signorili, c’era un mezzogiorno con tradizioni monarchiche fortemente accentrate a Napoli, ma si basava su una nazione culturale di antiche origini che costituiva un forte elemento unitario in tutto il paese, uno Stato - come scrisse all’indomani della conclusione della seconda guerra mondiale un illustre storico svizzero, Werner Kaegi - che cinque secoli prima dell’unità aveva “una effettiva coscienza nazionale” anche se priva di forma politica. O come tante volte ha ripetuto il premio Oscar Roberto Benigni nei suoi interventi: “L’Italia è l’unico Paese dove prima è nata la Cultura e dopo la Nazione”. Nel rapidissimo riconoscimento del regno da parte della Gran Bretagna e della Svizzera il 30 marzo 1861, ad appena due settimane dalla sua proclamazione, seguito da quello degli Stati Uniti d’America il 13 aprile 1861, al di là delle simpatie per il governo liberale di Torino, ci fu anche un disegno, anche se ancora incerto, sul vantaggio che avrebbe tratto il continente europeo dalla presenza del nuovo regno.
Cominciò infatti a diffondersi la convinzione che l’Italia unita avrebbe potuto costituire un elemento di stabilità per l'intero continente. Invece di essere terra di scontro tra potenze decise ad acquistare una posizione egemonica nell’Europa centro-meridionale e nel Mediterraneo, l’Italia unificata, cioè un regno di oltre 22 milioni di abitanti, avrebbe potuto rappresentare un efficace ostacolo alle tendenze espansioniste della Francia da un lato e dell’impero asburgico dall’altro e, grazie alla sua favorevole posizione geografica, inserirsi nel contrasto tra Francia e Gran Bretagna per il dominio del Mediterraneo.
Le preparazioni delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d'Italia sono state avviate con decreto del Presidente del Consiglio, con il quale è stato istituto anche un Comitato interministeriale per le celebrazioni. Il Presidente del Consiglio ha delegato il Ministro per i Beni e le Attività culturali alla presidenza del Comitato.
Al Comitato interministeriale sono state affidate, in raccordo con le Amministrazioni regionali e locali interessate, le attività di pianificazione, preparazione ed organizzazione degli interventi e delle iniziative legate alle celebrazioni.
La verifica e il monitoraggio del programma delle iniziative è affidata al Comitato dei Garanti presieduto dal Presidente Giuliano Amato.
Tre bandiere tricolore che rappresentano i tre giubilei del 1911, 1961 e 2011, in un collegamento ideale tra le generazioni, costituiscono il logo dell’anniversario. La valenza simbolica delle celebrazioni rimanda ad un messaggio di identità e unità nazionale e testimonia l’impegno di valorizzare il territorio nazionale come espressione di realtà e peculiarità di tutte le Regioni che lo compongono.
Anche a Sciacca le iniziative sono state molteplici e tutto sommato la cittadinanza ha risposto. Convegni, sfilate, parate, recital, balconi addobbati con la bandiera Tricolore: è bastato poco, anche un simbolo, per partecipare ai festeggiamenti in onore dell’Italia e dell’Unità. Sono state diverse le proposte in merito portate avanti alcune dall’amministrazione comunale ed altre dalle varie associazioni presenti sul territorio.
Tre Colori (verde, bianco e rosso), Una Storia. L’Italia compie dunque 150 anni. “L'Italia è stata fatta, adesso occorre fare gli Italiani”. Questo auspicio è, purtroppo, ancora più vivo che mai. Auguri a tutti gli Italiani: che non dimentichino mai l’importanza di essere Liberi, Uniti e Democratici.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

giovedì 17 marzo 2011

Nessuno provi a toccarli... Una provincia "intimidita"

Salvatore Vella, Michele Botta, Eugenio D’Orsi, Michele Buscarnera: sono solo gli ultimi ad aver subito intimidazioni e minacce. Perché? Cosa sta accadendo in provincia di Agrigento? Come mai è stato complicato risalire agli autori di gesti tanto vili? Simboli e segnali di una mafia che sta cambiando


Intimidazioni. Sembra essere diventata questa la parola d’ordine in provincia di Agrigento. Ormai è lunga, lunghissima la lista di coloro che, coinvolti a vario titolo, nella vita pubblica, subiscono minacce di ogni genere e grado. L’ultimo a subirne in ordine di tempo è stato il magistrato Salvatore Vella, Pm della Procura della Repubblica di Sciacca e delegato della direzione investigativa antimafia. Ha rinvenuto un bigliettino all’interno della propria agenda dal significato inequivocabile: recava la scritta “Bum” con chiaro riferimento all’automobile. Ciò che sconcerta, oltre al vile atto, è la facilità con cui l’intimidatore si è potuto avvicinare e lasciare il “pizzino”. Vella infatti si trovava a Bivona per prendere parte nella qualità di relatore ad un convegno sulla legalità. Dopo una sua momentanea assenza dal tavolo dei relatori, ha ritrovato quanto descritto. Un atto dunque compiuto dinanzi ad altre persone, senza alcuna preoccupazione. Salvatore Vella negli ultimi mesi sta partecipando a tantissimi convegni circa la sensibilizzazione antimafia, la lotta alla criminalità organizzata e il coraggio della denuncia antiracket. Ultimamente si era recato anche a Londra per una conferenza del genere riscuotendo notevole successo. Naturalmente Vella è anche un magistrato in prima linea nella lotta antimafia attraverso numerose inchieste e processi. Tra i tanti, gli ultimi in ordine di tempo quello “Scacco Matto” e quello “Face Off”. Proprio quest’ultimo in particolare ha coinvolto la mafia di Bivona e della Bassa Quisquina determinando condanne su condanne ottenuto anche grazie al contributo della testimonianza di Ignazio Cutrò, imprenditore antiracket originario del piccolo centro montano. Potrebbe non trattarsi di un caso l’intimidazione subita proprio a Bivona ma è chiaro che le indagini sono in corso. Dopo le dovute denunce ai carabinieri, le forze dell’ordine stanno cercando di risalire ai responsabili del gesto.
Intanto al Pm è arrivata la solidarietà un po’ di tutti: politici di ogni partito, associazioni culturali e sportive, mondo dell’imprenditoria e sindacale ma anche da parte di tanta gente comune che si è mobilitata su internet e su facebook. Si è espresso in merito pure il ministro della giustizia Angelino Alfano mentre intanto la scorta del magistrato è stata potenziata: da uno a due carabinieri, in pianta stabile. Vella dicevamo è soltanto l’ultimo caso però.
Il sindaco di Menfi Michele Botta è giunto nel giro di poche settimane alla terza lettera anonima contenente sempre precise minacce per sé e per i propri familiari. Botta ha più volte avuto modo di dichiarare: “Il mio modo di amministrare è limpido. Non capisco perché queste minacce. Se qualcuno ha dei problemi può venirmi a trovare e parlarne direttamente. L’uomo Botta è turbato e preoccupato, il sindaco no. Non posso lasciarmi intimorire.” Anche in questo caso finora dalle forze dell’ordine nessun riscontro. Le indagini vanno avanti ma nulla ancora è dato sapere circa la provenienza di queste intimidazioni.
Di pochi giorni fa era stato invece il turpe gesto perpetrato ai danni dell’ingegnere Michele Buscarnera: una testa di capretto rinvenuto dinanzi il portone del suo studio sito in via Lido durante l’orario di lavoro. Il professionista ha detto: “Non capisco. Non sono un imprenditore ma solo un tecnico.” Di Buscarnera si era parlato insistentemente nell’ultimo periodo a seguito del progetto della Sun & Soil circa la realizzazione di un impianto fotovoltaico a Sciacca del valore di 29 milioni di euro.
E che dire del Presidente della Provincia di Agrigento Eugenio D’Orsi? Anche per lui minacce su minacce, di vario tipo e perpetrate nel tempo tanto da richiederne il rafforzamento della scorta.
Una volta si diceva che la provincia di Agrigento fosse una provincia “babba”. Adesso no, non lo si può più dire. E’ una provincia “spetta”, fin troppo. Un territorio dove spesso si è costretti a vivere ed a convivere con l’ansia e la tensione, dove ogni “sgarro” si paga e dove il rispetto delle regole e della legalità è visto come una debolezza, una cosa per persone deboli.
Si fa troppo presto a parlare di mafia come se fosse un’entità astratta. Oggi è bene parlare di mafie.
Le mafie dei colletti bianchi, dell’imprenditoria, della finanza, quella che gestisce gli appalti pubblici e se le divide, e decide a chi devono andare e per quanto tempo. Perché tutte queste intimidazioni? Perché tutte queste minacce? Cosa vogliono? Che pretendono? Chi si nasconde dietro un pizzino, o una testa di capretto o una lettera anonima? Chi non ha il coraggio di mostrare il proprio volto alla luce del sole? Cosa ne pensa l’opinione pubblica di tutto ciò? Chi si volta dall’altra parte? Tutte domande che esigono risposte. Risposte precise, circostanziate, magari non immediate. Ma si dice che il tempo è galantuomo e prima o poi tutti i nodi tornano al pettine.
Non bisogna più pensare alla mafia come a quella che ci raccontano nei film di un tempo o nelle fiction romanzate dei nostri giorni, la mafia si è evoluta, non spara ma minaccia, fa terrorismo psicologico prima che fisico. La mafia non è più quella che fa affari con lo Stato ma è quella che ha preso piede nelle pubbliche amministrazioni e nelle migliori società. I figli dei mafiosi di oggi non vanno in giro con la coppola e la lupara ma studiano, si laureano, scalano i vertici del mondo civile e prendono il loro posto portando avanti gli affari di famiglia e delle famigghie. E chi si interpone a tutto questo è un pericolo da eliminare e da aggirare. O quantomeno da piegare. E come? Con la minaccia, con l’intimidazione. Come solo i vigliacchi senza onore sanno fare.
Alle forze dell’ordine il compito di vigilare, di indagare, di colpire chi non vuole che questa terra sia libera e pulita. A noi tutti invece il compito di non lasciare da soli coloro che, come il magistrato Salvatore Vella, spende e si spende totalmente affinché qualcosa possa cambiare. Cambiare in meglio.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

mercoledì 16 marzo 2011

Scuole a rischio sismico?

I dati di Legambiente sono allarmanti: gli edifici scolastici siciliani sono a rischio sismico, privi di palestre, di certificati di idoneità ed agibilità. Pochissime le scuole costruite nell’ultimo ventennio. E come stanno gli istituti scolastici di Sciacca?

Le scuole siciliane versano in pessime condizioni. Detto così verrebbe da aggiungere: e dove sta la novità? La novità sta nel fatto che a dircelo in termini più chiari e dettagliati è Legambiente Sicilia che ha analizzato le condizioni degli edifici scolastici di tutta la regione. Si parla soprattutto della mancanza di costruzioni antisismiche proprio in un territorio tristemente famoso per le scosse tragiche. Le scuole tremano. Ma stavolta non si tratta di un’espressione figurata per rappresentare la situazione di precarietà nella quale si trovano a operare professori e insegnanti dell’Isola. Tremano nel vero senso della parola. Il rapporto “Ecosistema scuola 2011” di Legambiente mette in luce un dato che deve assolutamente far riflettere. Il 95% delle scuole siciliane è a rischio sismico. Quindi quasi tutti gli studenti siciliani corrono questo pericolo. Naturalmente il dato schizza verso l’alto anche a causa della conformazione geografica tipica della nostra terra, però il problema della sicurezza dei ragazzi nel loro luogo di “lavoro” non può essere tralasciato.
Cosa che invece sembra accadere, sempre secondo i dati del report di Legambiente. Tra le città meno virtuose, ovvero che investono meno in buone pratiche per il monitoraggio e la risoluzione di problemi legati a situazioni di rischio ecco Messina, penultima nella graduatoria nazionale che ha preso in esame ben 82 Comuni. In realtà ce ne sarebbero altri 11 fuori classifica perché non hanno inviato una documentazione completa. Rimane comunque il dato di una provincia che non si occupa del benessere dei suoi figli tra le mura scolastiche. O perlomeno non se ne occupa abbastanza. Gli altri capoluoghi di provincia siciliani si trovano poco più sopra, quindi sempre in fondo alla graduatoria. Catania, Trapani, Palermo, Enna e Ragusa si classificano tutte tra il sessantottesimo e il settantottesimo posto. Le più “virtuose” risultano essere Agrigento e Caltanissetta, rispettivamente al numero 46 e 51 della classifica, quindi in una posizione di metà elenco.
Analizzando i dati nel particolare si scopre che quasi la metà degli edifici scolastici sono stati costruiti tra il 1940 e il 1974, mentre quelli realizzati nell’ultimo ventennio sono solo l’11 per cento del totale. Solo il 19 per cento, inoltre, è stato costruito secondo criteri antisismici. Un dato che sorprende se confrontato con quel 95% di scuole a rischio sismico. In parole povere la Sicilia snobba uno dei suoi problemi principali. Addirittura da brividi il dato relativo agli edifici con palestre al proprio interno. Sono solo lo 0,36 per cento. La domanda, così, diventa d’obbligo: dove svolgono l’attività fisica in nostri ragazzi? In tutte le scuole è prevista, ma le palestre appaiono un miraggio.
Qualcosa comunque si può e si deve fare per risolvere questa situazione. Anche perché i dati del dossier evidenziano che sessanta scuole su cento hanno bisogno di interventi di manutenzione urgenti. Negli ultimi cinque anni, tra l’altro, solo il 17 per cento degli edifici ha ricevuto interventi di manutenzione straordinaria. Operazioni che pesano in maniera sostanziale: mediamente si tratta di poco più di 34 mila euro per interventi straordinari, a fronte di quasi 6 mila euro per azioni ordinarie. Il problema sta quindi tutto nella tempestività degli interventi. Una risposta più veloce porta anche a un risparmio da un punto di vista economico, oltre a garantire una sicurezza maggiore a tutti gli studenti, che è la cosa più importante.
Sicurezza che viene tralasciata osservando i dati relativi alle certificazioni previste per le scuole. Le uniche documentazioni presenti nella totalità degli istituti siciliani sono quelle relative alle prove di evacuazione. In fondo che ci vuole? Basta costruire una scala antincendio ed effettuare qualche prova con i ragazzi degli istituti. E’ il problema meno gravoso. Latitano invece le certificazioni relative, per fare degli esempi, all’agibilità (29% presenti), alla prevenzione degli incendi (23% presenti) e all’igiene (33% presenti). Per non parlare poi delle barriere architettoniche, abbattute solo nel 15 per cento degli edifici.
Infine uno sguardo sui rischi ambientali. Solo la metà dei comuni ha effettuato un monitoraggio sulla presenza di amianto nelle scuole, con il risultato di un 3 per cento di casi rilevati che ha visto, però, solo un 1,29 per cento di azioni di bonifica negli ultimi due anni. Il radon poi non sembra essere un problema qua in Sicilia. Praticamente nessun comune effettua monitoraggi sulla possibile presenza di questo gas cancerogeno che, se inalato, può provocare gravissimi problemi di salute.
Insomma, la situazione delle scuole siciliane non è delle migliori. E poco si continua a fare per cercare di cambiare qualcosa in tal senso. E come stanno gli istituti scolastici di Sciacca e del circondario? Spesso sentiamo parlare di lavori in corso, di classi sistemate in condizioni di precarietà o in locali angusti. Come sempre, il problema risiede nell’atavica mancanza di fondi che non permette adeguate opere di ristrutturazione o quantomeno di manutenzione. Di costruire nuove scuole invece nemmeno a parlarne. Eppure sono i luoghi dove i bambini e ragazzi passano la maggior parte della loro giornata e della prima parte della loro vita. Sarebbe opportuno rendere tutto in sicurezza ma appare una lotta contro i mulini a vento. Al mondo delle istituzioni, a tutti i livelli, il compito di trovare ogni soluzione e migliorare questo stato di cose, inaccettabile al momento.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

giovedì 10 marzo 2011

Uno contro tutti...

Seduta del consiglio comunale animata dalle intemperanze del consigliere Pippo Turco che ha attaccato l’amministrazione e tutti i consiglieri comunali. Il Presidente Bellanca è stato costretto ad interrompere i lavori in attesa che si calmassero le acque. Approvate due mozioni. Intanto lo Iacp dirotta i fondi previsti per Sciacca a Porto Empedocle

La richiesta di un intervento urgente da parte dell’Istituto autonomo case popolari in favore del patrimonio edilizio di sua competenza e la riqualificazione della piazza Belvedere, nella zona dove c’erano il casotto successivamente demolito della Tamoil. Sono queste le due mozioni approvate durante l’ultima seduta del consiglio comunale di Sciacca al termine di un dibattito a dir poco acceso e che ha registrato le numerose intemperanze da parte del consigliere indipendente Pippo Turco. Intemperanze che alla lunga hanno acceso lo scontro tra lo stesso consigliere e il presidente del consiglio comunale di Sciacca Filippo Bellanca. L’ex sindaco si è lamentato con tutti i consiglieri, indistintamente di maggioranza o di opposizione, rei, a suo dire, di escludere sistematicamente e preventivamente la trattazione delle mozioni da lui presentate. Ovvio che, tira che ti tira, siano volate parole grosse, spesso fuori le righe. Insomma non un bello spettacolo per coloro che hanno deciso di guardare in tv i lavori del civico consesso. Hanno respinto le accuse di Turco diversi consiglieri: Mimmo Sandullo, Paolo Mandracchia, Simone Di Paola, Agostino Friscia, l’assessore Fabio Leonte e Nicola Assenzo. Ad un certo punto Pippo Turco ha polemizzato
personalmente con Paolo Mandracchia, Fabio Leonte e Ignazio Bivona. Per il presidente Bellanca non è rimasto altro da fare che interrompere la seduta in attesa che i toni si stemperassero e si ritornasse a parlare in modo pacato e civile.
La mozione su piazza Belvedere, presentata dal Pdl, risale addirittura al maggio del 2010. A
nome del Pd il consigliere Enzo Sabella ha detto sì alla mozione del Pdl, ricordando però che
c’è già un’idea progettuale su quella piazza inserita nel piano triennale delle opere pubbliche
per riqualificare e rendere quella zona un’isola pedonale anche nella parte dove c’è l’attuale mercato del pesce. “Noi non chiediamo grossi investimenti, al momento chiediamo solo delle
piante e delle panchine per abbellire la zona, ci vogliono appena 50 mila euro”, hanno replicato dal centrodestra, anche se Ignazio Bivona ha fatto notare che al momento il comune dispone soltanto di uno studio di fattibilità e non di un progetto.
D’accordo con lui Simone Di Paola, che però ha fatto notare come l’opposizione abbia sempre da ridire, perfino quando la maggioranza accoglie le sue proposte.
A nome dell’amministrazione Fabio Leonte ha ribadito la volontà della Giunta a voler fare propria la mozione evidenziando al tempo stesso però che sarà seguita la strada del progetto di riqualificazione, perché l’abbellimento della piazza richiesto in sostanza dal centrodestra rischia di far spendere inutilmente soldi senza risolvere i problemi. Durante questa parte di dibattito c’è stata anche una polemica tra il consigliere di maggioranza Sandullo e l’assessore Leonte. I Leali per Sciacca hanno chiesto che siano maggiormente coinvolti all’interno delle iniziative della maggioranza. La mozione comunque è passata quasi all’unanimità, ad astenersi ovviamente è stato il solo consigliere Turco.
Si è poi passati poi alla trattazione della mozione riguardante la necessità che lo Iacp faccia qualcosa in favore del patrimonio edilizio di sua competenza di Sciacca. E riparte lo show di Turco che ancora una volta ne ha avuto per tutti. Turco ha attaccato l’amministrazione, accusandola di incapacità per non aver fatto pressioni sullo Iacp in favore della riconferma, poi svanita, dei 2 milioni di euro individuati negli anni scorsi ma di fatto mai erogati dall’Istituto delle Case Popolari, malgrado l’avvenuta localizzazione delle aree dove realizzare 20 alloggi popolari. Pare addirittura che i soldi destinati a Sciacca siano finiti a Porto Empedocle. Prima dunque lo Iacp aveva confermato fondi e finanziamento, poi invece si è rimangiato la parola dirottando i soldi altrove e non indicando nuove somme da destinare alla città termale. “Il disinteresse dello Iacp ha fatto diventare le case popolari di Sciacca delle strutture da terzo mondo” ha attaccato il capogruppo del Pd Simone Di Paola. Sono diverse le situazioni di emergenza circa le case popolari, basti pensare a quelle site in viale Siena, via Acerra, Villaggio Pescatori, perfino quelle recenti site al Ferraro mostrano scarsa sicurezza e copiose infiltrazioni d’acqua, impianti elettrici non funzionanti e ascensori bloccati. “Le casse dell’istituto sono vuote – ha detto l’assessore Leonte - e l’amministrazione Bono non ha alcuna colpa, così come non l’aveva l’amministrazione precedente”. Lo Iacp al momento conosce l’emergenza nelle vie Tasso e Ariosto, è riuscita ad intervenire in via Machiavelli. Ma non basta. E’ troppo poco per i reali fabbisogni delle centinaia di famiglie saccensi costrette a vivere al limite della sopportazione.
Sul Piano regolatore generale, invece, per fugare tutti i dubbi di presunti interessi personali venuti fuori ancora una volta da Pippo Turco, l’assessore al ramo Fabio Leonte ha annunciato che l’amministrazione recapiterà il Prg alle forze dell’ordine e alla procura della repubblica che dunque potranno controllarlo e vagliarlo a dovere.
Il consiglio dovrà essere riconvocato, probabilmente ormai alla conclusione dell’edizione 111 del carnevale di Sciacca.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

lunedì 7 marzo 2011

Ecco Carnevale, edizione 2011

Il carnevale di Sciacca arriva a Palermo al Palazzo d’Orleans. Bella vetrina per una festa che sta facendo di tutto per divincolarsi dalla piaga dell’alcool attraverso apposite campagna di promozione e sensibilizzazione. Basterà? Un appello anche al senso civico di tutti e alle famiglie da parte dell’amministrazione comunale

Carnevale e commercio. Carnevale e alcool. Carnevale e Regione Sicilia. Tanti aspetti di una festa unica. Negozi aperti a Sciacca la domenica di carnevale. L’accordo è stato sancito nel corso di una riunione tra il vicesindaco Carmelo Brunetto e i rappresentanti di Confesercenti, Confcommercio e le associazioni Centro Storico e NoiCom.
Domenica 6 marzo, dunque, i titolari dei negozi del settore alimentare e non alimentare potranno rimanere aperti.
Diramato inoltre anche l’ordine di sfilata e di esibizione sul palco delle 8 associazioni culturali che hanno realizzato quest'anno i carri allegorici, tutti di categoria A.
Sabato è prevista la recita dei copioni dei carri allegorici Conto alla Rovescia della Nuova Isola, E tu credi ancora nelle favole dell'associazione Pirandello e Alla ricerca dell'oro nero dell'associazione Argentina.
Domenica reciteranno le associazioni Smaniosa con il carro Sicilia isola d'amore e l'associazione Archimede con il carro In bilico.
Lunedì sarà la volta dell’associazione Saranno famosi con 1861 Brandelli d’Italia, Sos spettacoli con Mancu a Broadway e Nuova arte 96 con Non ce n’è per Nettuno.
Diverse infine le iniziative legate quest’anno all’intensa campagna di sensibilizzazione contro l’abuso di sostanze alcoliche tra i giovani. Sensibilizzazione ma anche ordinanze precise e dettagliate per mettere una pezza, per quanto possibile, alle sbronze dei giovani e meno giovani.
Quest’anno non c’è solo il divieto di vendita di alcolici ai minori di 16 anni cui si dovranno attenere i titolari dei locali pubblici.
La novità dell’ordinanza emanata dal sindaco di Sciacca Vito Bono sta nel divieto per tutti i minori di 16 anni di detenere ogni genere di bevanda alcolica, anche di bassa gradazione, oltre ai superalcolici, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
Basta insomma con i ragazzini che girano tranquillamente con bicchieri di vino, se non addirittura con bottiglie contenenti alcolici. L’ordinanza prevede una sanzione amministrativa che va da 100 a 500 euro, di cui risponderanno i genitori o coloro che detengono la patria potestà del minore.
Ed è a loro, che il sindaco Bono e il vice sindaco Brunetto, si rivolgono anche, invitandoli a vigilare con grande attenzione affinchè i figli minorenni non vadano in giro ad ubriacarsi durante i giorni della festa.
Il messaggio insomma è chiaro: dare un immagine diversa della festa rispetto al recente passato, fare di tutto per evitare sbronze e risse tra i ragazzi e file interminabili al Pronto Soccorso e presso le unità sanitarie mobili. Naturalmente occorre tenere sempre conto che sembra essere quantomeno utopistico fino ad oggi eliminare integralmente la “cultura del bere a carnevale” in voga tra tanti giovani ma le campagne di sensibilizzazione sono state diverse, mirate e costanti, anche da parte degli organi di stampa e non solo da parte degli organizzatori della festa.
Il segnale è stato dato anche attraverso il Peppe Nappa che, dopo decenni, non distribuirà il classico bicchiere di vino agli ospiti del carnevale. L’iniziativa deve essere presa per quello che è: un segnale, appunto. Nessuno si illude che era quel mezzo bicchiere a determinare le sbronze di tutti ma è un modo per dare il classico “buon esempio”. Si discuterà dopo, a bocce ferme, se l’idea ha avuto successo e se l’alternativa del succo d’arancia è stata lecita o meno.
Per la prima volta nella storia della manifestazione, è stato presentato anche a Palermo il programma del carnevale di Sciacca edizione numero 111. All’interno di Palazzo d'Orleans, si è svolta la conferenza stampa di presentazione della festa, alla presenza delle massime autorità regionali, le stesse che anche quest’anno hanno finanziato la manifestazione saccense, inserita nel calendario degli eventi siciliani sostenuti dalla Regione che, dopo il comune di Sciacca, è il principale ente finanziatore della sei giorni in maschera. Un pizzico di rammarico, tra gli organizzatori, per il fatto che la maschera simbolo del carnevale di Sciacca, ossia Peppe Nappa, e due ragazze che indossavano un costume degli anni passati, non sono stati ammessi alla conferenza stampa in quanto la loro presenza non sarebbe stata decorosa per il luogo, questa almeno la giustificazione. Tutto si è comunque svolto in un clima di festa, con gli esponenti del governo della regione che hanno avuto parole di elogio per la manifestazione e per tutto ciò che ruota attorno al carnevale, e cioè economia, turismo, ma anche artigianato e ceramica. E a proposito di ceramica, sono state portate a Palermo, e consegnate al presidente Raffaele Lombardo e all’assessore regionale Daniele Tranchida, le statuette in maiolica raffiguranti il Peppe Nappa, realizzate dai maestri ceramisti saccensi, anch’essi presenti alla conferenza stampa palermitana.
Sperando di vedere e di vivere un bel carnevale, degno delle migliori edizioni e degli anni d’oro, a tutti un augurio sincero di un sano e colorato divertimento.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

venerdì 4 marzo 2011

Volemose bene...

Settimana di verifica politica per le componenti che sorreggono la maggioranza guidata dal sindaco Vito Bono. Le riunioni si sono chiuse sostanzialmente con un “non facciamoci del male”. Durerà questa pace forzata? Più probabile un nuovo rimpasto di uomini e deleghe


Lunedì scorso doppia riunione per verificare la tenuta della maggioranza che in consiglio comunale garantisce l’amministrazione e il sindaco Vito Bono.
Prima, nel pomeriggio, è stata la volta del partito democratico che, naturalmente e c’erano pochi dubbi in merito, ha deciso di mantenere la propria fedeltà al primo cittadino. A seguire, in serata, l’incontro insieme a tutti quei consiglieri che fanno parte di partiti politici. Dunque mancavano gli indecisi, ossia coloro che votano di volta in volta, senza schierarsi in modo definitivo, pro o contro l’amministrazione.
Nei prossimi giorni le riunioni continueranno anche con loro, con Michele Patti, i Leali per Sciacca, Gioacchino Settecasi. Tra gli assenti di lunedì scorso Giuseppe Ambrogio, tante volte assai critico col sindaco sulla questione Perriera ma a quanto pare, nessuna rottura, sarebbe stata un’assenza giustificata.
Una riunione, come dicevamo, all’insegna della cordialità, del volemose bene. “Nessuno ha mai voluto mettere in difficoltà Vito Bono”, “nessuno vuole le dimissioni del sindaco”, “nessuno intendeva creare una crisi politica”. Ma tutti hanno chiesto e ribadito che vogliono maggiore concertazione nelle decisioni di maggioranza: insomma i consiglieri vogliono essere sentiti e ritenuti parte attiva delle scelte più importanti e non trovarsi dinanzi al fatto compiuto, con la sola possibilità di votare ed approvare durante i consigli comunali. Una pace armata dunque, una pace con alcuni “se” ed alcuni “ma”. Il clima di tranquillità è stato sottolineato anche con una bella mangiata di pizza finale: a Sciacca non c’è miglior modo di chiarirsi e di spiegarsi se non dinanzi a del cibo e magari sorseggiando qualcosa di fresco.
Qualcuno che ha preso parte alla riunione ha sussurrato a denti stretti che in pratica non è emerso nulla di nuovo e che non si sa fino a quando durerà tutto ciò. Il punto saliente rimane il rapporto, un po’ altalenante, tra il Pd e il Fli, entrambi partiti di maggioranza, mentre l’Mpa fa quasi da spettatore ed attende l’evolversi degli eventi, mantenendo fede all’impegno preso in campagna elettorale.
Di certo il Fli non gode di buona salute a livello nazionale a causa della diaspora di senatori ed onorevoli, un’emorragia continua che rischia di far saltare il progetto ideato da Fini. Il leader però non si arrende e auspica di portare avanti “una nuova idea di centrodestra”, non perdendo mai occasione di attaccare Berlusconi e la sua “idea” di giustizia e legalità. Tutto questo si riversa anche a livello provinciale e locale. Per giorni si è parlato anche della possibilità che l’onorevole Scalia lasciasse il gruppo di Futuro e Libertà. E Scalia è il punto di riferimento politico dell’assessore Fli Alberto Sabella. Una situazione quindi in itinere, non ancora ben stabilita. Questo rende un po’ più debole le parole di Fli mentre il Pd in questo gioco di forze potrebbe anche acquisire nuovi adepti come Paolo Gulotta e/o Mimmo Sandullo. Michele Patti, anche se non è ancora ufficiale, è passato con Forza del Sud, insieme a Silvio Caracappa. Da stabilire ancora i movimenti di Gioacchino Settecasi, indipendente, ma ultimamente assai critico nei riguardi dell’attuazione del programma elettorale del sindaco Vito Bono.
Dopo l’ultimo consiglio comunale, quello dove si è rischiata la rottura su tutti i fronti, si è pensato anche alle dimissioni del primo cittadino o ad un azzeramento della giunta. Non è successo né l’uno né l’altro. Anche se non sarebbe strano ipotizzare ulteriori movimenti di uomini o deleghe.
In molti comuni ma anche alla Regione e alla Provincia, ultimamente vanno di moda “gli assessori tecnici indicati dalla politica”. Se la situazione dovesse precipitare potrebbe essere anche una soluzione, sebbene a termine.
Tutto è nelle mani del sindaco Vito Bono che spesso “si diverte”, nel senso buono del termine, a sorprendere tutti ed a ribaltare decisioni che sembrerebbero scontate.
Il futuro di questa amministrazione si giocherà anche sulla capacità di aggredire i grandi temi: PRG, Carnevale, Estate Saccense, promozione e sviluppo turistico, piano parcheggi, piano del traffico e grandi opere (piscine, casa albergo per anziani, teatro Samonà, chiesa della Perriera).
Siamo quasi al giro di boa del mandato elettorale e c’è ancora tanto da fare e da realizzare.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

mercoledì 2 marzo 2011

Morti "bianche": tragedia infinita

I Dati dell’osservatorio per la sicurezza sul lavoro sono eclatanti: troppi morti, poca sicurezza e lavoro nero. Gli appelli di sindacati e società civile rimangano inascoltati e si continua a morire per lavorare quando si dovrebbe lavorare per vivere


E’ tragico il bilancio delle morti bianche in questo primo scorcio di 2011. L’anno inizia con 50 croci sul lavoro in Italia. Quasi due morti al giorno. E sono il doppio di quelle rilevate nello stesso mese dello scorso anno. Insomma si parla tanto di sicurezza sul lavoro, di sensibilizzazione tanto per gli operai quanto per i “padroni” ma niente sembra cambiare. Il sud, come sempre, è in cima alla graduatoria per numero di vittime con Sicilia e Campania, seguito da Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Ma è la Valle d’Aosta a guidare la classifica delle incidenze delle vittime calcolate sulla popolazione lavorativa. Le province più colpite sono Catania e Napoli seguite da Bologna e Milano. La caduta dall’alto lascia il primo posto delle cause di morte allo schiacciamento avvenuto in seguito alla caduta di oggetti pesanti. Ancora all’agricoltura il primato delle morti, il settore più colpito. In crescita anche la piaga del lavoro nero che contribuisce ad elevare rischi e mortalità per i lavoratori.
A gennaio, come detto, sono state 50 le morti bianche in Italia. In tutto il primo semestre del 2010 non si era mai arrivati ad un dato così elevato.
Questa è la prima e tragica istantanea scattata dagli esperti dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre che si occupa di monitorare quotidianamente il dramma, a livello nazionale. Un risultato d’esordio sconfortante ed allarmante in cui ad indossare la maglia nera non sono più le regioni del Nord, ma bensì quelle del Sud. Sicilia e Campania in testa con 7 vittime, seguite dalla Lombardia (6), dall’Emilia Romagna (5) e dal Veneto (4). Accanto ai numeri assoluti, però, appare altrettanto significativo l’indice di mortalità rispetto alla popolazione lavorativa. E i valori più elevati arrivano dalla Valle D’Aosta (35,5 contro una media nazionale di 4,4) insieme alla Basilicata (15,7) e alla Calabria (5,1).
Friuli, Molise Marche Toscana e Umbria sono le uniche regioni a non essere state coinvolte nel mese di gennaio. Le cosiddette isole felici.
Mentre nella classifica provinciale ci sono Catania e Napoli con 4 morti bianche, seguite da Bologna e Milano (3), Matera, Aosta, Savona, Messina, Caserta, Lecce, Verona e Torino (2). Aosta, Matera e Savona, comunque guidano la classifica provinciale per incidenze rispetto alla popolazione lavorativa. Ancora una volta l’agricoltura è il luogo maggiormente votato alla tragedia con il 32 per cento delle vittime. Il doppio di quelle rilevate nel settore delle costruzioni (16 per cento). Altrettanto preoccupante il 12 per cento degli eventi mortali registrati nel commercio e attività artigianali e il 10 per cento dei trasporti, magazzinaggi e costruzioni.
Entrano in classifica i giornalisti, spesso vittima di aggressioni ed intimidazioni corporali e morali.
Un nuovo dato, invece, emerge nell’indagine delle cause che hanno portato alla morte i lavoratori; e la caduta dall’alto non è più in cima alla graduatoria. Nel 24 per cento dei casi, infatti, si è trattato di un decesso per schiacciamento avvenuto in seguito alla caduta di oggetti pesanti. Nel 20 per cento dei casi si è trattato di una caduta dall’alto e per il 16 per cento delle vittime la causa è stata un incidente dovuto al ribaltamento/investimento di un mezzo in movimento. Seguono nella classifica: il contatto con organi lavoratori in movimento (12 per cento), investimento da mezzo semovente (10 per cento) e incendio (6 per cento).
Non solo uomini, ma anche le donne rientrano nella casistica degli incidenti tragici e degli infortuni più o meno gravi. Altrettanto sconvolgente il dato sulla mortalità femminile: sono già due le vittime. A fine 2010 se ne contavano 17. Un dato, quindi, decisamente superiore alla media. Gli stranieri sono 4 pari all’8 per cento del totale (era il 10 per cento nel 2010). La fascia d’età più colpita è sempre quella in cui l’esperienza dovrebbe insegnare a non esporsi al rischio (tra i 40 e i 49 anni, ovvero il 36 per cento delle vittime). Il 20 per cento tra i 30 e i 39 e il 18 per cento tra i 60 e i 69 anni. Dai 70 anni in su si rileva l’8 per cento delle vittime. L’esperienza spesso fa rima con il sentirsi troppo sicuri, abbassare l’attenzione e la concentrazione e dunque ad elevare il rischio di incidenti.
Ultimo ma non meno importante grafico elaborato dagli esperti dell’Osservatorio di Vega Engineering che da oltre due decenni si occupa di sicurezza nei luoghi di lavoro è quello relativo ai giorni della settimana in cui gli episodi mortali sono stati più frequenti. Si scopre così un’altra novità perché con il nuovo anno i giorni neri cambiano: sono martedì e giovedì. Lo scorso anno il mercoledì e il venerdì. Nel Nordest, invece, sul podio al secondo posto c’è la domenica.
A tutta la casistica vanno ad aggiungersi i casi, anch’essi in aumento, quando il lavoratore muore o subisce infortuni non sul lavoro ma mentre sta recandosi sul posto di lavoro. Anche in questo caso il sud la fa da padrone e i recenti incidenti mortali accaduti sulla Palermo – Sciacca stanno lì a testimoniare la problematica. Non bastano i controlli, le eventuali sanzioni, occorre una presa di coscienza collettiva, che investa lavoratore e datore di lavoro, classe politica e mondo dell’imprenditoria. Lavorare per vivere e non morire per lavorare.

Calogero Parlapiano